domenica 2 settembre 2012

Calcio

"Come mia mamma, anche gli altri adulti alla fine si arrendevano.
Fratello Lasi smetteva perfino di appiopparci note sul diario, ci supplicava di non toccare palla nei giorni che non fossero quelli di allenamento.
Era impossibile, perché ogni pomeriggio un benedetto pallone ti ruzzolava chissà come tra i piedi. Ti saltellava tra le gambe come un cagnolino affettuoso, capace di annusare il tuo odore a miglia di distanza.
Solo un essere senza cuore, a quel punto, non ci avrebbe giocato.
I professori, tutto d'un tratto, si rendevano conto che i nostri voti non avrebbero lasciato ferite mortali.
Scoprivano di non avere tempo, né voglia, di impantanarsi in una guerra persa in partenza.
Mettevano da parte le prediche, autografavano qualche insufficienza da fare controfirmare ai genitori e lasciavano perdere.
Avevano cercato di allontanarci dal calcio, ma non ci sarebbero mai riusciti.
Era il calcio che si rifiutava di allontanarsi da noi."

Oggi vi regalo uno stralcio da un romanzo in cui mi sono imbattuta quasi per caso e che stranamente - visto che non sono né un'appassionata, né un'esperta di calcio: hanno provato in tanti, invano, a spiegarmi le regole del fuorigioco... - ho preso a leggere e poi divorato ridendo e divertendomi ad ogni pagina.

Si intitola Un'ultima stagione da esordienti, ed. Marcos y Marcos, 2006, e l'autore è Cristiano Cavina. Leggo dalla sua biografia che lavora anche adesso nella pizzeria di famiglia a Casola Valsenio, Ravenna, e tiene a non considerarsi uno "scrittore"... Non male, per uno che con i suoi libri ha vinto premi prestigiosi come Tondelli, Vigevano, Castiglioncello, Selezione Strega, ecc.

L'io narrante è lo stesso Autore, classe 1974, che rievoca con umorismo e un po' di nostalgia i suoi giorni di ragazzetto innamorato del calcio, fra scuola, partite che di amichevole hanno solo il nome, tifoserie di ogni genere, compagni poi persi o mai ritrovati...
La scrittura di Cristiano Cavina è talmente vivida e immediata che ci si ritrova immersi nelle atmosfere di un piccolo paese di collina, dove si gioca su un campetto duro come il cemento e gli spogliatoi sono al minimo sindacale. Un mondo ed un'età in cui il calcio è ancora puro e dispensa magia nei momenti più impensati, in cui ogni partita viene giocata come se fosse l'ultima e mettesse in palio la gloria e il futuro.

Fa uno strano effetto conoscere tifosi come il professor Querzoli, "... latinista in pensione più o meno dalla caduta dell'Impero Romano, che non si perdeva un incontro casalingo e mandava al diavolo gli avversari e i loro tifosi con una ricercatezza e un'eleganza di linguaggio mai eguagliata...".
Oppure Dapersè - attenzione ai soprannomi dei personaggi, sono delle chicche che da sole valgono la lettura del libro! -, il quale decide di esporre in campo una scritta:"... Rispolverando la sua antica educazione scolastica, aveva optato per un lugubre LASCIATE OGNI SPERANZA, VOI CHE VENITE DENTRO".

Non mancano naturalmente le descrizioni delle partite, con tale dovizia di particolari che perfino io capisco le azioni di gioco; impagabile il resoconto di una simulazione di fallo effettuata da un compagno di squadra, che appena sfiorato riesce ad esibirsi in una caduta spettacolare e rotolare a 30 metri di distanza (ricevendone perfino i complimenti dallo stesso arbitro, allibito).

Mi sono immersa nelle microstorie di amici e compagni di squadra, attori di questo piccolo mondo che non sempre presenta un lieto fine, anzi... Talvolta sono vicende tristissime, che riconosciamo come nostre perché purtroppo le leggiamo quotidianamente sui giornali o le sentiamo al TG della sera; o, peggio ancora, le abbiamo vissute personalmente. Cavina in questo non fa sconti, non cerca di alleggerire la storia per non rattristare il lettore, ma ci fa partecipi delle sue lacrime come delle sue risate. Da provare.

Segnalo ancora l'ultimo capitolo del libro, dal titolo Non vedo l'ora, e trascrivo (non me ne voglia l'Autore, adesso smetto) i ringraziamenti nella pagina finale del libro con cui concordo amaramente:

"Questo libro non sarebbe stato scritto senza l'esperienza nei campi sportivi disseminati in questa repubblica, dove si giocano i campionati provinciali.
Gli unici luoghi in cui il Dio del Calcio non si vergogna a farsi vivo".

Bibliografia:
  • Mamma Paura, L'Autore Libri, 1997
  • Alla grande, Marcos y Marcos, 2003
  • Nel paese di Tolintesàc, Marcos y Marcos, 2005
  • Un'ultima stagione da esordienti, Marcos y Marcos, 2006
  • I frutti dimenticati, Marcos y Marcos, 2008
  • Scavare una buca, Marcos y Marcos, 2010
  • Romagna mia!, Marcos y Marcos, 2012

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