giovedì 12 luglio 2012

L'estate di Kikujiro

Oggi consiglio un altro film, per niente recente (è uscito in Italia il 3 dicembre del 1999, dopo la presentazione al Festival di Cannes dello stesso anno) ma meritevole di essere "rispolverato" e goduto in tutti i suoi 121 minuti.
Si tratta de L'estate di Kikujiro, del regista, attore, sceneggiatore, scrittore, poeta e pittore giapponese Takeshi Kitano, conosciuto come Beat Kitano.

Due parole sul regista, un personaggio fuori dalle righe che nella sua carriera ha fatto veramente di tutto. Kitano comincia la sua carriera come membro del duo comico Two Beats (da cui il suo soprannome), per poi cimentarsi nella recitazione, regia e sceneggiatura, fino ad arrivare a vincere nel 1997 il Leone d'Oro alla 54^ Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia con il film Hana bi - Fiori di fuoco.
Qui in Italia è noto per l'edizione di un suo show, il Takeshi's Castle, dal titolo Mai dire banzai che fu portato sullo schermo dalla Gialappa's Band.
Fra le altre cose, ha scritto oltre 50 libri di poesia, critica cinematografica e alcuni romanzi, oltre a dipingere parecchi quadri che si possono vedere nel suo Fiori di fuoco.

Questo eclettico signore giapponese ha sfornato film in genere piuttosto violenti (Violent cop, Boiling point, Sonatine, ecc.) in cui la famigerata Yazuka, la mafia giapponese, è un elemento ricorrente, come quello di una giustizia cruda e inesorabile. Poi di punto in bianco sforna piccoli fiori delicati come L'estate di Kikujiro (o come Il silenzio sul mare, e il successivo Dolls), in cui emergono i suoi caratteri più poetici e surreali.

Questa la trama. Masao è un bambino che vive con la nonna, perchè la mamma, ufficialmente, è lontano per lavoro. Arriva l'estate ed il piccolo si ritrova più solo che mai: gli amici se ne vanno in vacanza, la nonna non può seguirlo più di tanto, la malinconia incombe. Decide allora di partire per cercare la sua mamma, senza un'idea precisa di dove poterla trovare, ma con la fermezza e testardaggine propria dell'età. Lo accompagna nel suo viaggio un "signore" (Masao lo chiamerà solo così fino alla fine del film) interpretato da Kitano, balordo dedito al gioco, scorbutico e prepotente, che controvoglia è costretto dalla moglie a compiere questo gesto gentile.

Durante il loro viaggio strampalato, compiuto a piedi, in autobus (memorabili le scene di attesa del mezzo che non arriva mai, lungo la statale e sotto il sole a picco!) in autostop perchè ovviamente i soldi sono sfumati nel gioco, incontrano una serie di personaggi e situazioni irreali, buffi e poetici. Il loro rapporto si evolve, diventano... quasi amici, quasi padre e figlio.
La mimica facciale di Kitano rende spassose le gag che costellano il film, quasi un racconto a fumetti tanto alcune scene sono surreali (una per tutte, quella nella piscina dell'hotel dove Beat Takeshi insegna/dovrebbe insegnare a nuotare al piccolo Masao...).

Finalmente i due arrivano al paese della mamma e a quel punto la realtà, dura e dolorosa, si spalanca agli occhi di Masao. Ancora una volta è il "signore" a prendere in mano la situazione, a cacciare il dolore nel profondo, sotta la scorza del burbero, perchè le cose stanno così e basta, e c'è da ripercorrere tutta la strada del ritorno.

Dolcissima la colonna sonora che percorre l'intero film senza essere mai fastidiosa o inopportuna (Summer, di  Joe Isaishi), a sottolineare i momenti più struggenti e delicati.
Memorabili le espressioni di Beat Takeshi, fermi immagine che da soli valgono mille parole.
Splendide le immagini di questo Giappone on the road, specialmente quelle girate sulla costa, con un mare bellissimo e solitario.

Se non si è capito, mi è piaciuto molto... Da vedere e consigliare a tutti quelli che vi capitano sottomano.

Ciao a tutti

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